martedì 29 gennaio 2008

29 Gennajo 1888 - s. Aquilino

Andiamo avanti, per il terzo giorno, con la storia di Ercole Brugnatelli, lo zio paterno di Angioletta che, tra i vari trasferimenti di carriera, nel 1859 ha la fortuna di trovarsi a essere insediato nel ruolo di Commissario Distrettuale a Castiglione delle Stiviere (Mantova), a due passi dai luoghi dove, il 24 giugno 1859, si combatte la Battaglia di Solferino che pone fine alla Seconda Guerra di Indipendenza. E' proprio a Castiglione che vengono trasportati i numerosissimi feriti (sarà da questa occasione che Henry Dunant trarrà l'ispirazione per l'istituzione della Croce Rossa, vedi il suo Un souvenir de Solferino).
Il giorno 29 giugno, cinque giorni dopo la vittoria dei franco-piemontesi, Ercole riceve una lettera dal nuovo Governo Generale di Lombardia che lo conferma nel suo ruolo: passa quindi dal ruolo di funzionario di un governo dipendente dall'Impero d'Austria al ruolo di funzionario di un Governo di una transizione che poi culminerà col Regno d'Italia.
Evidentemente anche dopo il cambio di regime, una parte (quanto grande?) del tessuto connettivo dei funzionari governativi venne mantenuta al proprio posto, così come è accaduto quasi un secolo più tardi, dopo la caduta del fascismo.
Intanto già l'8 luglio 1859 la Lombardia, Mantova esclusa, viene ceduta al Regno di Sardegna. Per i particolari sul cambio di regime in Lombardia nel 1859 si veda la voce di Wikipedia sulla Pace di Zurigo.
Circa un anno dopo la Battaglia di Solferino Ercole, sempre nel suo ruolo di Commissario Distrettuale, riceve una lettera del priore Giuseppe Mondelli, un religioso di Goito. Una lettera che rievoca sia la concessione dello Statuto Albertino nel 1847, sia la stessa Battaglia di Solferino. Si tratta di una richiesta di raccomandazione del religioso che, a quanto risulta dalla lettera, pur essendo inizialmente di simpatie savoiarde, si era successivamente compromesso con gli austriaci nel 1859 alla vigilia della Battaglia di Solferino, e ora chiede al commissario di intercedere per lui presso l'intendente Maury.

Pregiatissimo Signor Commissario, mio buon Amico!
Ella sà quanto bene io Le voglia, perché nel tempo in cui fù commissario in questo Distretto, io trovai sempre in Lei un amico, un uomo dabbene, un galantuomo; ed io credo averle dato prove non dubbie della mia sincera amicizia, ond'ella abbia a ritenermi non indegno di Sua benevolenza.
Ma io le voglio sì gran bene, ed Ella non si ricorda mai di me? Non le rincresca questo mio rimprovero, perché sa quanto io sia sincero con tutti e specialmente con gli amici. Godo qualche favore in società, perché non mentisco mai: Quia, coll'Apostolo Paolo, non mentior!...
Io potrei esser ricco, ma avendo voluto dir sempre la verità sono poveretto: aliquando veritas odinni pavit. Ora io vengo a Lei, e La prego di un gran piacere, che spero non mi sarà negato dalla sperimentata sua bontà ed amicizia. Ella sà quanto io ho patito e sofferto sotto l'Austriaca dominazione; e come per tre volte fui chiamato a Verona al Ministero Radetzchi per un saluto da me stampato nel 1848.in lode del magnanimo re Carlo Alberto; e come dall'Austria mi fu strappata dal capo la Mitra e delle mani il Pastorale della Chiesa di Asola: Mitra e Pastorale che avevo io con tanto mio proprio dispendio procurato da Roma a quel popolo devoto, e religioso: dunque ho diritto d'essere creduto, se mi lamento dell'Austria.
Ora per venire alle corte Le dico, che avendo io pensato alla solennità dello statuto che Re Carlo Alberto diede nel 1847.al Piemonte, e che si deve trà noi celebrare col giorno 10. Maggio p.v.; ho preparata per tal giorno una Iscrizione, che essendo capitata nelle mani d'un mio amico ha voluto onorarla più di quello che assolutamente non merita, ed ora si trova nelle mani di tutti, e per la festa mi converrà farne un altra, perché questa è già fatta pubblica prima della solennità. Mando a Lei la detta Iscrizione, con un mio Articolo sul Comunismo confutato dal Vangelo, perché dopo di averli letti, voglia avere la bontà di farli leggere all'Illustrissimo nostro Signor Intendente Maury, che mi si dice essere uomo chiaro per la luce dello ingegno e per bontà di cuore, onde veda di che colore io mi sono; e quali sieno le mie simpatie per la causa Italiana.
Vorrei ch'Ella vi aggiungesse qualche parola di raccomandazione della povera mia persona a cotest'Inclito Magistrato perché col mezzo suo io potessi essere fatto conoscere al Migliore dei Re, al Magnanimo nostro Vittorio Emanuele II°, siccome non indegno del Regal suo Patrocinio, onde potessi conseguirne qualche suffragio, avendo io sacrificato tutto il mio nel mese di giugno dell'anno passato, per salvare il mio caro Popolo dalla barbarie e dalla crudeltà degli Austriaci soldati, quando, prima della battaglia di Solferino, cinquanta o sessantamila stanziavano a queste sponde bisognosi di tutto e tutto esigendo colla prepotenza del cannone e della mitraglia.
Mi riverisca l'Ottima sua Signora Consorte, e mi creda, Egregio Commissario, con sensi di alta stima e di sincero attaccamento.

Goito, 26.Aprile 1860

P.S. Io non sò quando sia stato dato lo Statuto, mi pare col 10 settembre 1847, ma temo di sbagliare.

Devotissimo Oss.mo Servo
Priore Mondelli Giuseppe

Ad alcuni Principi e Sovrani
Non basta lungo corso di vita
Per acquistarsi fama ed onori
Anzi talvolta in un momento solo
Si rendono odiosi a tutto il mondo
Al Magnanimo Re Carlo Alberto
Padre Augusto dell'amato nostro Sire
Bastò un giorno solo per rendersi immortale
Per acquistarsi le benedizioni
Di tutte le genti incivilite
E questo fù il dì 10. Settembre 1847
In cui diede lo Statuto al suo Popolo
Che oggi celebriamo con tanta gioja
E letizia nei nostri cuori
Il Sovrano Austriaco
Non seppe mai trovare sì bel giorno!

ovvero
Il Sovrano Austriaco
né i Principi a lui soggetti
Non seppe mai trovare sì bel giorno!


Questo il tenore della richiesta di raccomandazione del priore Mondelli. Parrebbe la perorazione di un uomo misero che, quando le sorti della Prima Guerra di Indipendenza (1848) volgono a favore del Piemonte si espone a favore di Carlo Alberto, salvo poi pentirsene e tornare ad aiutare gli austriaci (lui dice per salvare il suo popolo, sotto la minaccia del cannone e della mitraglia, ma vai a sapere...) infine chiede nuovamente di tornare nelle grazie dei franco-piemontesi, scrivendo dei versi oggettivamente penosi.
Certo non doveva essere facile vivere nei pressi del quadrilatero veronese nel bel mezzo di risorgimento dove le sorti delle guerre di indipendenza segnavano e spostavano i confini, dove le congiure e i tradimenti erano all'ordine del giorno (vedi la storia dei martiri di Belfiore del 1852), ma non sembra che questo priore Mondelli si distingua per un particolare senso della dignità.

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